Preghiera personale, come si fa e le grazie che si ottengono

La preghiera personale, nel Vangelo, si colloca in un luogo preciso: “Tu, invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto” (Mt. 6,6).

L’ invece sottolinea un atteggiamento opposto a quello degli “ipocriti, che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze”.

La parola d’ordine è “nel segreto”.

A proposito della preghiera, c’è la contrap-posizione marcata tra “piazza” e “camera”.

Ossia tra ostentazione e segretezza.

Esibizionismo e pudore.

Frastuono e silenzio.

Spettacolo e vita.

La parola chiave, naturalmente, è quella che indica il destinatario della preghiera: “ il Padre tuo…”.

La preghiera cristiana è basata sull’esperienza della paternità divina e della nostra figliolanza.

La relazione da stabilire, quindi, è quella tra Padre e figlio.

Ossia qualcosa di familiare, intimo, semplice, spontaneo.

Ora, se nella preghiera cerchi gli sguardi altrui,non puoi pretendere di attirare su di te anche l’attenzione di Dio.

Il Padre, “che vede nel segreto”, non ha nulla a che fare con una preghiera destinata al pubblico, offerta in spettacolo devoto, edificante.

Quello che conta è la relazione col Padre, il contatto che stabilisci con Lui.

La preghiera è vera soltanto se riesci a chiudere la porta, ossia a lasciar fuori qualsiasi altra preoccupazione che non sia quella d’incontrare Dio.

L’amore – e la preghiera o è dialogo d’amore o non è nulla – va riscattato dalla superficialità, custodito nel segreto, sottratto agli sguardi indiscreti, protetto dalla curiosità.

Gesù suggerisce la frequentazione della “camera”( tameion ), quale luogo sicuro per la preghiera personale dei “figli”.

Il tameion era il locale della casa inaccessibile agli estranei, ripostiglio sotterraneo, rifugio dove si custodisce il tesoro, o, semplicemente, cantina.

I monaci antichi hanno preso alla lettera questa raccomandazione del Maestro ed hanno inventato la cella, luogo della preghiera individuale.

Qualcuno fa derivare la parola cella da coelum.

Ossia, l’ambiente dove uno prega è una specie di cielo trasferito quaggiù, un anticipo della felicità eterna.

Noi, non solo siamo destinati al cielo, ma non possiamo vivere senza cielo.

La terra diventa abitabile per l’uomo solo quando ritaglia ed accoglie almeno un pezzetto di cielo.

Il grigio cupo della nostra esistenza di quaggiù può essere riscattato da regolari “trasfusioni d’azzurro”!

La preghiera, appunto.

Altri affermano invece che la parola cella sia in rapporto al verbo celare ( = nascondere ).

Ossia il luogo della preghiera nascosta, negata all’invadenza del pubblico e consegnata unicamente all’attenzione del Padre.

Intendiamoci: Gesù, quando parla del tameion, non propone una preghiera all’insegna dell’intimismo, di un individualismo compiaciuto ed esasperato.

Il “Padre tuo”, è “tuo” soltanto se è di tutti, se diventa il Padre “nostro”.

La solitudine non va confusa con l’isolamento.

La solitudine risulta, necessariamente, comunionale.

Chi si rifugia nel tameion ritrova il Padre, ma anche i fratelli.

Il tameion ti protegge dal pubblico, non dal prossimo.

Ti sottrae alla piazza, ma ti colloca al centro del mondo.

In piazza, nella sinagoga, puoi portare una maschera, puoi recitare parole vuote.

Ma per pregaredevi renderti conto che Lui vede quello che porti dentro.

Quindi è proprio il caso di chiudere accuratamente la porta ed accettare quello sguardo in profondità, quel dialogo essenziale che ti rivela a te stesso.

Un giovane monaco si era rivolto ad un anziano perché afflitto da un problema tormentoso.

Si è sentito rispondere: “Torna nella tua cella e lì troverai quello che cerchi fuori!”

Allora domandò una sacerdotessa:

Parlaci della preghiera!

Ed egli rispose, dicendo:

Voi pregate nella disperazione e nel bisogno;

pregate piuttosto nella gioia piena e nei giorni d’abbondanza!

Poiché non è forse la preghiera l’espansione di voi stessi nell’etere vivente?

Se versare la vostra oscurità nello spazio vi conforta, una gioia più grande è versare la vostra luce.

E se piangete soltanto quando l’anima vi chiama alla preghiera, essa dovrebbe mutare le vostre lacrime

fino al sorriso.

Quando pregate vi innalzate a incontrare nell’aria quelli che pregano nel medesimo istante;voi non potete incontrarli che nella preghiera.

Perciò questa visita all’invisibile tempio, non sia che un’estasi ed una dolce comunione….

Basta entrare nell’invisibile tempio!

Io non posso insegnarvi a pregare.

Dio non ascolta le vostre parole, se Egli stesso non le pronuncia con le vostre labbra.

E io non posso insegnarvi come pregano i mari, i monti e le foreste.

Ma voi, figli dei monti, delle foreste e dei mari, potete scoprire la loro preghiera nel fondo del cuore.

Tendete l’orecchio nelle pacifiche notti e udrete mormorare: “Dio nostro, ala di noi stessi, noi vogliamo con la Tua volontà. Desideriamo con il Tuo desiderio.

Il Tuo impulso trasforma le nostre notti che sono le Tue notti, i nostri giorni che sono i Tuoi giorni.

Non possiamo chiederti nulla; Tu conosci i nostri bisogni prima ancora che nascano.

Il nostro bisogno sei Tu; nel darci Te stesso, ci dai tutto!”