Preghiera di pentimento: che cos’è e come si fa

Beati quelli che sanno di essere peccatori

C’è la preghiera penitenziale.

Più completamente: la preghiera di chi sa di essere peccatore. Cioè dell’uomo che si presenta davanti a Dio riconoscendo le proprie colpe, miserie, inadempienze.

E tutto ciò, non in rapporto ad un codice legale, ma al codice assai più esigente dell’amore.

Se la preghiera è un dialogo d’amore, la preghiera penitenziale è propria di chi riconosce di aver commesso il peccato per eccellenza: il non-amore.

Di colui che ammette di aver tradito l’amore, essere venuto meno ad un “patto reciproco”.

La preghiera penitenziale e i salmi ci offrono esempi illuminanti in questo senso.

La preghiera penitenziale non riguarda i rapporti tra un suddito ed un Sovrano, ma un’ Alleanza, ossia una relazione di amicizia, un legame d’amore.

Smarrire il senso dell’amore significa perdere anche il senso del peccato.

E recuperare il senso del peccato equivale a recuperare l’immagine di un Dio che è Amore.

Insomma, soltanto se hai capito l’amore e le sue esigenze, puoi scoprire il tuo peccato.

In riferimento all’amore, la preghiera di pentimento mi fa prendere coscienza che sono un peccatore amato da Dio.

E che sono pentito nella misura in cui sono disposto ad amare ( “…Mi vuoi bene?..”- Gv.21,16).

Dio non è tanto interessato alle sciocchezze, di varie dimensioni, che posso aver commesso.

Ciò che gli sta a cuore è accertare se sono consapevole della serietà dell’amore.

Per cui la preghiera penitenziale implica una triplice confessione:

– confesso che sono peccatore

– confesso che Dio mi ama e mi perdona

– confesso che sono “chiamato” ad amare, che la mia vocazione è l’amore

Un esempio stupendo di preghiera di pentimento collettivo è quella di Azarìa in mezzo al fuoco:

“…Non ci abbandonare fino in fondo

per amore del Tuo nome,

non rompere la Tua alleanza,

non ritirare da noi la Tua misericordia…” (Daniele 3,26-45).

Si invita Dio a prendere in considerazione, per regalarci il perdono, non i nostri meriti precedenti, ma unicamente le ricchezze inesauribili della Sua misericordia, “..per amore del Suo nome…”.

Dio non bada al nostro buon nome, ai nostri titoli o al posto che occupiamo.

Tiene solo conto del Suo amore.

Quando ci presentiamo di fronte a Lui realmente pentiti, crollano ad una ad una le nostre sicurezze, perdiamo tutto, ma ci rimane la cosa più preziosa: “…essere accolti con cuore contrito e con lo spirito umiliato…”.

Abbiamo salvato il cuore; tutto può ricominciare.

Ci siamo illusi, come il figliol prodigo, di riempirlo di ghiande contese ai porci (Luca 15,16).

Finalmente ci siamo accorti che possiamo riempirlo solo di Te.

Abbiamo inseguito i miraggi. Ora, dopo aver inghiottito delusioni a ripetizione, vogliamo imboccare la strada giusta per non morire di sete:

“…Ora Ti seguiamo con tutto il cuore,…cerchiamo il Tuo volto…”

Quando si è perso tutto, rimane il cuore.

E ha inizio la conversione.

Un esempio semplicissimo di preghiera penitenziale è quello offerto dal pubblicano (Luca18,9-14),che fa il gesto semplicissimo di battersi il petto (cosa non sempre facile quando il bersaglio è il nostro petto e non quello degli altri) e usa parole semplici ( “…O Dio, abbi pietà di me peccatore…”).

Il fariseo ha portato davanti a Dio l’elenco delle proprie benemerenze, delle proprie prestazioni virtuose, e fa un discorso solenne (una solennità che, come spesso accade, sconfina nel ridicolo).

Il pubblicano non ha neppure bisogno di presentare la lista dei propri peccati.

Si limita a riconoscersi peccatore.

Non osa levare gli occhi al cielo, ma invita Dio a chinarsi su di lui ( “ ..Abbi pietà di me..” si può tradurre con “Chinati su di me”).

La preghiera del fariseo contiene un’espressione che ha dell’incredibile: “…O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini…”.

Lui, il fariseo, non sarà mai capace di una preghiera penitenziale (al massimo, nella preghiera, confessa le colpe degli altri, oggetto del suo disprezzo: ladri, ingiusti, adulteri).

La preghiera di pentimento è possibile quando uno ammette umilmente di essere come gli altri, ossia peccatore bisognoso di perdono e disposto a perdonare.

Non si arriva a scoprire la bellezza della comunione dei Santi, se non si passa attraverso la comunione coi peccatori.

Il fariseo reca i propri meriti “esclusivi” davanti a Dio. Il pubblicano reca i peccati “comuni” (i propri, ma anche quelli del fariseo, ma senza aver bisogno di accusarlo).

Il “mio” peccato è il peccato di tutti (o che ferisce tutti).

E il peccato degli altri mi chiama in causa a livello di corresponsabilità.

Quando dico: “…O Dio, abbi pietà di me peccatore…”, intendo implicitamente “…Perdona i nostri peccati…”.

Cantico di un anziano

Benedetti quelli che mi guardano con simpatia

Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco

Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti

Benedetti quelli che s’interessano della mia lontana giovinezza

Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi, già tante volte ripetuti

Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto

Benedetti quelli che mi regalano frammenti del loro tempo

Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine

Beati quelli che mi sono vicini nel momento del passaggio

Quando entrerò nella vita senza fine mi ricorderò di loro presso il Signore Gesù!