Catechesi sulla Confessione nel tempo di Quaresima

DIECI COMANDAMENTI, O DECALOGO lo sono il Signore Dio tuo:

1. Non avrai altro Dio fuori di me.

2. Non nominare il nome di Dio invano.

3. Ricordati di santificare le feste.

4. Onora il padre e la madre.

5. Non uccidere.

6. Non commettere atti impuri (*).

7. Non rubare.

8. Non dire falsa testimonianza.

9. Non desiderare la donna d’altri.

10. Non desiderare la roba d’altri.

(*) Riportiamo un brano di un discorso di Giovanni Paolo II ai Vescovi degli Stati Uniti d’America:

«Con la schiettezza del Vangelo, la compassione di Pastori e la carità di Cristo, voi avete affrontato la questione dell’in dissolubilità del matrimonio, affermando giustamente: «Il patto tra un uomo e una donna uniti in matrimonio cri­stiano è tanto indissolubile e irrevocabile quanto l’amore di Dio per il suo popolo e l’amore di Cristo per la sua Chiesa». Esaltando la bellezza del matrimonio voi avete giustamente preso posizione sia contro la teoria della contraccezione sia contro gli atti contraccettivi, come fece l’enciclica Humanae vitae. Ed io stesso oggi, con la stessa convinzione di Paolo VI, ratifico l’insegnamento di questa enciclica, emes­sa dal mio Predecessore “in virtù del mandato affidatoci da Cristo “. Descrivendo l’unione sessuale tra marito e moglie come una speciale espressione del loro patto d’amore, voi avete giustamente affermato: “Il rapporto sessuale è un bene umano e morale soltanto nell’ambito del matrimonio: fuori del matrimonio esso è immorale “.

Come uomini che hanno `parole di verità e la potenza di Dio ” (2 Cor 6,7), come autentici maestri della legge di Dio e Pastori compassionevoli, voi avete anche giustamente affermato: ‘Il comportamento omosessuale (che va distinto dall’orientamento omosessuale) è moralmente disonesto “». «…Sia il magistero della Chiesa, nella linea di una tradizione costante, sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato» (Dichiarazione della sacra Congregazione per la dottrina della fede circa alcune questio­ni di etica sessuale, 29 dicembre 1975, n. 9).
I CINQUE PRECETTI DELLA CHIESA
1. Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimanere liberi da lavori e da altre attività che potrebbero impedire la santificazione di tali giorni.

2. Confessare i propri peccati almeno una volta all’anno.

3. Ricevere il sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua.

4. Astenersi dal mangiare carne e osservare il digiuno nei giorni stabiliti dalla Chiesa.

5. Sovvenire alle necessità materiali della Chiesa stessa, secondo le proprie possibilità.
PENTIMENTO O DOLORE DEI PECCATI
11. Che cos’è il pentimento?

Il pentimento è il dispiacere o dolore dei peccati commessi, che ci fa proporre di non peccare più. Può essere perfetto o imperfetto.

12. Che cos’è il pentimento perfetto o contrizione?

Il pentimento perfetto o contrizione è il dispiacere dei peccati commessi, perché sono offesa a Dio nostro Padre, infinitamente buono e amabile, e causa della Passione e Morte di Gesù Cristo, Figlio di Dio e nostro Redentore.

13. Che cos’è il pentimento imperfetto o attrizione?

Il pentimento imperfetto o attrizione è il dispiacere dei peccati commessi, per il timore della pena eterna (Inferno) e delle pene temporali, o anche per la brut­tezza del peccato.
PROPOSITO DI NON COMMETTERNE PIÙ
14. Che cos’è il proposito?

Il proposito è la volontà risoluta di non commettere mai più peccati e di fuggirne le occasioni.

15. Che cos’è l’occasione del peccato?

L’occasione del peccato è ciò che ci mette in perico­lo di peccare.

16. Siamo obbligati a fuggire le occasioni dei pec­cati?

Siamo obbligati a fuggire le occasioni dei peccati, perché siamo obbligati a fuggire il peccato: chi non le fugge, finisce per cadere, poiché “chi ama il peri­colo in esso si perderà” (Sir 3, 27).
ACCUSA DEI PECCATI
17. Che cos’è l’accusa dei peccati?

L’accusa dei peccati è la manifestazione dei peccati fatta al Sacerdote confessore, per ricevere l’assoluzione.

18. Di quali peccati siamo obbligati ad accusarci?

Siamo obbligati ad accusarci di tutti i peccati mortali (con numero e circostanze) non ancora confessati o confessati male. La Chiesa raccomanda vivamente di confessare anche i peccati veniali per formare la propria coscienza, lottare contro le cattive inclinazioni, lasciar­si guarire da Cristo e progredire nella vita dello Spirito.

19. Come deve essere l’accusa dei peccati?

L’accusa dei peccati deve essere umile, intera, sincera, prudente e breve.

20. Quali circostanze si devono manifestare, perché l’accusa sia intera?

Perché l’accusa sia intera, si devono manifestare le circostanze che mutano la specie del peccato:

1. quelle per le quali un’azione peccaminosa da veniale diventa mortale;

2. quelle per le quali un’azione peccaminosa contiene due o più peccati mortali.

21. Chi non ricorda precisamente il numero dei suoi peccati mortali, che cosa deve fare?

Chi non ricorda precisamente il numero dei suoi pec­cati mortali, deve accusarne il numero, perlomeno, approssimativo.

22. Perché non dobbiamo farci vincere dalla vergo­gna e tacere qualche peccato mortale?

Non dobbiamo farci vincere dalla vergogna e tacere qualche peccato mortale, perché ci confessiamo a Gesú Cristo nella persona del confessore, e questi non può rivelare nessun peccato, a costo anche della vita (sigillo sacramentale); e perché, altrimenti, non ottenendo il perdono saremo condannati.

23. Chi per vergogna tacesse un peccato mortale, farebbe una buona Confessione?

Chi per vergogna tacesse un peccato mortale, non farebbe una buona Confessione, ma commetterebbe un sacrilegio (*).

(*) Il sacrilegio consiste nel profanare o nel trattare indegnamente i sacramenti e le altre azioni liturgiche, come pure le persone, gli oggetti e i luoghi consacrati a Dio. Il sacrilegio è un peccato gravissimo , soprattutto quando è commesso contro l’Eucaristia, perché, in questo Sacramento, è presente Nostro Signore Gesù Cristo in modo vero, reale, sostanziale; con il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua Anima e la sua Divinità.

24. Che cosa deve fare chi sa di non essersi con­fessato bene?

Chi sa di non essersi confessato bene, deve rifare le confessioni fatte male e accusarsi dei sacrilegi com­messi.

25. Chi senza colpa ha tralasciato o dimenticato un peccato mortale, ha fatto una buona Confessione?

Chi senza colpa ha tralasciato o dimenticato un pec­cato mortale (o grave), ha fatto una buona Confes­sione. Qualora se ne ricordasse, gli resta l’obbligo di accusarsene nella Confessione seguente.
SODDISFAZIONE O PENITENZA
26. Che cos’è la soddisfazione o penitenza?

La soddisfazione, o penitenza sacramentale, é il compimento di certi atti di penitenza che il confessore impone al penitente per riparare il danno causa­to dal peccato commesso e per soddisfare alla giu­stizia di Dio.

27. Perché nella Confessione s’impone la penitenza?

Nella Confessione s’impone la penitenza perché l’as­soluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato (*). Molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio, restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calun­niato, risanare le ferite). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. Risollevato dal peccato, il pec­catore deve ancora recuperare la piena salute spiri­tuale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve “soddisfare” in maniera ade­guata o “espiare” i suoi peccati.

(*) Il peccato ha una duplice conseguenza. Il peccato morta­le (o grave) ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la “pena eterna” del peccato. D’altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato Purgatorio. Tale puri­ficazione libera dalla cosiddetta “pena temporale” del pec­cato. Queste due pene non devono essere concepite come una specie di vendetta, che Dio infligge dall’esterno, bensì come derivanti dalla natura stessa del peccato. Una conver­sione, che procede da una fervente carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che non sussista più alcuna pena.

Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del pec­cato. Rimangono, tuttavia, le pene temporali del peccato. Il cristiano deve sforzarsi, sopportando pazientemente le sof­ferenze e le prove di ogni genere e, venuto il giorno, affron­tando serenamente la morte, di accettare come una grazia queste pene temporali del peccato; deve impegnarsi, attra­verso le opere di misericordia e di carità, come pure median­te la preghiera e varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell’«uomo vecchio» e a rivestire l’uomo nuovo». 28. Quando si deve fare la penitenza?

Se il confessore non ha prescritto alcun tempo, la penitenza si deve fare al più presto.